TRA CIELO E TERRA forum
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tra cielo e terra...
Al centro del nostro essere c’è un’oasi di pace, perfettamente connessa con tutto il creato e ricca di armonia. Un’oasi troppo spesso dimenticata, violata dal vivere moderno e mal nutrita dall’indifferenza. Eppure essa è il punto perfetto dove Cielo e Terra s’incontrano. Questo forum vuol dare spazio alla sua voce, rivalutando la semplicità del vivere in sintonia con la Natura e ammantandola del suo significato più vero e profondo. Un atto di umiltà e di riscoperta, un ritorno responsabile e consapevole al ruolo originario dell’uomo quale amorevole guardiano e custode di tutto ciò che lo circonda. Il Cielo motiva la Terra, la Terra sostiene il Cielo e tutti e due provvedono agli Esseri Viventi.
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E l'uomo arrivò al limite...(in 6 articoli)

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Messaggio  beatrice Mar Feb 15, 2011 7:07 pm

Propongo 6 miei articoli (già pubblicati) che prospettano una semplice analisi del disagio sociale attuale e un tentativo di soluzione allo stesso. mi scuso fin d'ora con chi ha già letto questo materiale e lo poso qui, per chi passasse e fosse viandante curioso...

1- Il risveglio della massa

A chiunque si chieda chi sono le masse, risponderà: gli altri. La massa è dunque la congregazione umana, noi esclusi. A meno che non ci serva come rifugio, fagocitandoci e facendoci letteralmente scomparire.
La massa è quell’entità che segue i programmi di basso livello in tv, che si veste tutta uguale, che fa le stesse vacanze e lavora otto ore al giorno per uno stipendio utile unicamente alla sopravvivenza.
La massa è un oceano senza sentimento, un organismo lento ed ottuso nel pensare, inetto nell’agire, debole e condizionabile.
La massa è un nome così inflazionato che se lo ripeti più di tre volte di seguito perde di significato e non capisci più cosa stai dicendo.
La massa genera figli tutti uguali che raramente emergono, vive e si riproduce, si nutre, procede senza oneri né onori, quindi muore.
La massa viene usata come piedistallo e humus di sostentamento da tutti i potenti della terra. Su di lei poggiano i più grandi teoremi politici, le maggiori industrie, i commerci globali. Fondamenta inerme del grande palazzo mondiale, è colei che crede senza pensare ed incapace di analisi critica sa solo soggiacere alle pressioni ed ai condizionamenti che vengono dall’alto dei suoi stessi piani.
La massa non ha valore umano, è solo un agglomerato numerico ideale.
Ognuno di noi non vorrebbe mai far parte della massa, ognuno di noi crede di non essere la massa, ognuno di noi vede la massa come inferiore e distante. Questa schizofrenia sociale, dove l’individualismo conduce ad una scissione disastrosa, ci prende per mano e ci porta ad un distacco, ad una non identificazione che rende la massa un organismo a cui sono strappati gli arti, incapace di agire e muoversi. Un’entità depauperata delle proprie menti, inetta. Un contenitore vuoto di se stesso, di nome ma non di fatto, colmo anzi di individui che si deprezzano se collocati al suo interno.
Solo una presa di coscienza coraggiosa, nell’affermazione consapevole ed orgogliosa di far parte della massa, di essere massa, può ricostituire i tessuti laceri di questa, può rifortificarla, ridandole la capacità critica e l’enorme potere che le apparterrebbe. Anche in questo invece, la massa è stata convinta di essere un non-valore, e ci crede. Eppure etimologicamente massa sta per impasto, per somma di particelle che formano un solo corpo. Insomma, l’espressione concreta dell’unione che fa la forza, la macroscopia del branco che protegge, con la sua entità numerica, i singoli individui e permette loro di vivere, procedere e crescere nello scambio e nella collaborazione, evolvendosi.
Oggi invece, per assurdo, il solo fatto di credere nella forza intrinseca della massa, significa esserne fuori.

bea



Ultima modifica di poggioallorso il Lun Feb 21, 2011 6:51 am - modificato 1 volta.

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Messaggio  dade Mar Feb 15, 2011 8:08 pm

ottimo articolo che evidenza il problema della società odierna
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Messaggio  Alessandra Mar Feb 15, 2011 8:30 pm

Consiglio caldamente a tutti di leggerli attentamente. Nulla più di questi articoli rispecchia la nostra realtà. Questi sono momenti speciali. Si và ben oltre la smplice frequentazione di un forum. Grazie Bea per mettere a nostra disposizione questo tesoro inestimabile.
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Messaggio  beatrice Mer Feb 16, 2011 1:14 pm

Un ego da far paura
Quante volte trasformiamo quello che dovrebbe essere un costruttivo scambio di idee in un antagonismo all’ultimo sangue. Quante volte in nome di sterili luoghi comuni distruggiamo la comunicazione, la collaborazione. Siamo sempre qui, a difendere a spada tratta un ego visionario che crede di essere il centro dell’universo, ed invece è solo una parte infinitesimale di un intero molto più ampio. E se, dopo aver vinto con l’imposizione una di queste misere battaglie, ascoltiamo il dentro, lo sentiamo ancor più svuotato di prima, tanto vuoto che l’eco dei nostri limitati concetti vi rimbomba fino ad assordarci. Ed è questo il vuoto lasciato da parole e pensieri nuovi a cui non abbiamo aperto la porta. Così rimaniamo rigidi ed incompleti, paralizzati sulle nostre convinzioni, mentre il fiume della vita ci scorre accanto, con tutta la sua ricchezza. Siamo allora ciottoli inermi lambiti soltanto dalla corrente del movimento; aridi, sterili e poveri.
E non c’è miseria maggiore di quella interiore, di quella che crede d’esser pregio ed orgoglio ed invece è solo povertà. La miseria di chi spende le proprie preziose energie nel portare avanti con vano accanimento e a voce troppo alta lo stendardo barocco di un concetto fisso, ma proprio perché fisso, inutile. Allora diventa indispensabile imparare ad ascoltare, a porre l’attenzione alle cose, alle persone, agli eventi. Imparare a liberarsi dalle inutili paure di quell’ego che ci rinchiude in una solitudine vuota. Imparare l’umiltà del mettersi in discussione, che porta sempre ad arricchimenti inattesi, a scoprire quanto sia ampia profonda e vasta l’enciclopedica umanità, a quante cose ancora abbiamo da imparare, e non solo da dire, a quante variabili ci possono essere intorno ad un concetto che consideravamo, fino ad allora, unico ed indiscutibile. A quanto questo concetto possa divenire più completo e profondo, se solo arricchito da altri punti di vista. Spesso però abbiamo paura ad abbassare le difese che si ergono a protezione di altre paure, eppure, lasciandosi andare, si può sentire il fiume che finalmente entra dentro di noi, a placare quella sete ancestrale di conoscenza che ci accompagna. E ci si accorge anche che quell’io sono, quell’ego tanto presuntuosamente pauroso non esiste, che non c’è niente da difendere, che noi non siamo i concetti che professiamo, ma strumenti senzienti in grado di accogliere, elaborare, migliorare e condividere nuovamente, nell’infinito gioco della vita.

bea


Ultima modifica di poggioallorso il Ven Feb 18, 2011 6:23 am - modificato 1 volta.

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Messaggio  beatrice Ven Feb 18, 2011 6:22 am

Appartenenza e libero arbitrio

Sempre di più ormai dai mass media riceviamo messaggi atti a condizionarci, e non solo al fine di acquistare qualcosa, ma per far si che siamo qualcosa. Assorbendo questi messaggi e omologandoci, contribuiamo a propagare il condizionamento con l’esempio, divenendo inconsapevoli complici di un meccanismo che ci fa muovere tutti intruppati in luoghi comuni, in valori scadenti, in abiti simili che però stanno a significare l’appartenenza. Quell’appartenenza che da sicurezza, fa sentire che ci siamo, siamo in regola, siamo a posto.
E’ un bisogno atavico quello dell’appartenenza, animale. Ma non dovrebbe trasformarsi in schiavitù ne nell’annullamento di quelle caratteristiche salienti che rendono ognuno di noi unico ed irripetibile. Eppure, per un piatto di lenticchie vendiamo la nostra originalità. Per raggiungere quella falsa sicurezza di facenti parte tutta esteriorizzata, siamo capaci di perdere la capacità reale di essere presenti: quella di esercitare il libero arbitrio. Viviamo allora in un mondo illusorio i cui scenari sovente si lacerano lasciandoci fragili ed impauriti. E dietro questi scenari di carta non ritroviamo la capacità critica e l’autonomia di pensiero a sostenerci, ma il vuoto agghiacciante del condizionamento. Siamo la generazione del nulla, del comodo, veloce e precotto. Imboccati, abbiamo perso perfino la capacità fondamentale di procurarci il cibo. Siamo disabituati a porre domande, a valutare autonomamente gli eventi, le cose, le persone. Tutto questo ci ha indebolito, quando invece la forza intrinseca dell’essere umano sta in ciò che pensa, in ciò che impara, in ciò che può scegliere di mettere in pratica. E’ la percezione delle proprie potenzialità che rassicura, di quello che saremmo in grado di fare se. Ma per saperlo, dobbiamo coltivare questa parte di noi, la parte critica, creativa e decisionale. Il libero arbitrio deve essere sempre presente, pronto a reagire ai condizionamenti, pronto a valutare la reale importanza delle cose, pronto a filtrare e a scegliere, a difendere ed a costruire la nostra interiorità, permettendoci così la reale appartenenza al branco, fatta di utilità, contributo e partecipazione.

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Messaggio  beatrice Lun Feb 21, 2011 6:48 am

Consapevolmente umani, oltre le regole.
Nel percorso millenario dell’ umanità ci sono da sempre momenti in cui si costruiscono strutture sociali, politiche, economiche, religiose e perfino igieniche a sostegno di nuove civiltà. Nuove regole atte a fortificare idee e filosofie di vita nascenti. Lentamente però, queste strutture s’induriscono cominciando a soffocare quella stessa umanità che vi si è chiusa dentro sentendosi sostenuta. E’ in questo momento che quei dogmi che fino ad allora davano forza, coraggio, senso di appartenenza, misura del giusto ed altre amenità, stringono alla gola i popoli.
In una visione sociale e storica più ampia possiamo osservare che questo meccanismo ha sempre dato alla luce e poco dopo divorato i propri figli: le civiltà. Queste, finché ci è dato conoscere, sono implose su se stesse proprio a causa di una rigidità strutturale che inizialmente era pensata quale sostegno ed affermazione, nell’assenza assoluta della consapevolezza di appartenere ad una specie che, come tutte, è plastica e mobile, si evolve e cresce.
Ed ecco che la natura insegna, la natura da risposte per analogia. La natura abbatte i recinti messi, li fagocita e li oltrepassa. In natura niente si può limitare, condizionare, confinare troppo a lungo.
Essere consapevolmente umani significa quindi anche abbandonare quelle false sicurezze che producono immancabilmente le strutture rigide ed avere il coraggio di affrontare gli spazi aperti della coscienza, dove la crescita è ampia, comoda, giustamente veloce. La consapevolezza è il primo passo da cui potranno scaturire poi nuovi sistemi sociali ricchi di variabili a misura umana, dove scompaia il malessere della limitazione, della riduzione della coscienza, del condizionamento strategico. Ma la consapevolezza non si può insegnare, si può solo acquisire percorrendo la strada del vivere; chiedendosi perché siamo inquieti, scontenti, tristi, delusi… Fermandosi un attimo e guardare dentro quella meraviglia che siamo, che saremmo se.
Nuove regole per una nuova società? No grazie. Piuttosto, nuova consapevolezza dell’essere umani.


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Messaggio  beatrice Lun Feb 21, 2011 6:49 am

Uscita di sicurezza

La Libertà, come la Felicità, sono concetti astratti forgiati dal desiderio insito nell’essere umano mosso forse, chissà, da un ancestrale ricordo.
L’uomo nasce schiavo, mentre l’utopia della Libertà serpeggia nei salotti bene, nelle università, nelle fabbriche, nelle famiglie da che mondo è mondo. Eppure, l’uomo libero non esiste. Non esiste perché nasce già in una società preformata che lo induce fin dal primo istante: quello in cui esso viene partorito. Il percorso è breve ed intenso: i condizionamenti di pediatri, puericultori, educatori, insegnanti, sacerdoti, genitori, forgiano quest’esserino nel profondo della psiche. Quando questa vittima predestinata alle catene è pronta, entra nella società. E qui lo abbiamo perso, come si dice nei migliori film americani di pronto soccorso ospedaliero. Qui egli si smarrisce definitivamente in un labirinto di induzioni potentissime: come ci si veste, come ci si comporta, cosa si studia e perché, quanti soldi dobbiamo avere e come arredare casa, come parlare e scrivere, che auto acquistare, come votare. Fino a raggiungere il massimo del suo squallido fulgore nella scelta puramente estetica del ragazzo/a da avere accanto.
Intanto, la Libertà muore prima di nascere, patetico aborto di un’utopia. Ed anche chi, ieri, inneggiava all’ideologia politica quale unica possibilità d’esprimere se stessi ed il proprio stare al mondo, adesso ha perso quell’ultima via d’uscita. Oggi la politica è schiava, ed i politici servi, delle multinazionali, del denaro, del potere economico mondiale. E allora, resta un pertugio, un piccolissimo e difficilmente individuabile foro da dove passare per uscir fuori, per respirare l’aria pulita e fresca, l’aria di libertà: la scelta ragionata, non più politica ma etica. Ovvero, non sceglier più chi sarà vassallo in nome nostro del denaro, che poco ci tange, ma cosa comprare, come vestire, cosa dire, che vita percorrere. Un passo indietro, scordando la politica ormai sul letto di morte, e porgendo un dovuto, ultimo pensiero ad essa, per prendere in mano la propria vita nelle quotidiane decisioni. Quelle piccole, quasi invisibili, ma che ci permettono di riappropriarci della libertà di pensiero che ci apparterrebbe, seppur relativa.
Perché l’unica libertà a cui possiamo accedere è quella nostra intima, interiore, quella generata dalla ricerca di un equilibrio rispettoso tra bisogno ed offerta, quella che ricomincia a decidere quali scarpe comprare o con quali occhi guardare il proprio vicino.
Quella che davvero ci permette d’esercitare il libero arbitrio, figlio legittimo dell’utopica Libertà.


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Messaggio  beatrice Lun Feb 21, 2011 6:49 am

Primi attori
Quando si cercano di riempire vuoti morali con appagamenti materiali ed il condizionamento priva il popolo della libertà come farebbe un regime conclamato, quando la generazione ultima mostra segni di inadeguatezza e fragilità tanto gravi da essere autolesionista mentre non c’è più il piacere di vivere ma solo l’ansia di sopravvivere, significa che la società che ci ospita, che ci ha generati, sta implodendo. Si sta accartocciando su se stessa, così come le foglie degli alberi d’autunno, bruciate dal sole estivo s’accartocciano, divengono rossastre e cadono. Noi esseri umani del ventesimo secolo, abbiamo la fortuna di vedere tutto questo. Abbiamo la fortuna di essere spettatori attivi del cambiamento di una civiltà, fatto di decadenza prima e di rinascita dopo. Un istante, nel Tempo Universale, pieno di significato che raramente agli uomini è dato di vivere, così come il passaggio delle comete.
Ma come in tutti i momenti di crisi, ci è richiesto il massimo dell’attenzione e dell’impegno; il coraggio di un colpo di coda, un guizzo finale che permetta il nuovo assestarsi della situazione. Per sopravvivere a questa scontata decadenza, dobbiamo fare un salto di qualità personale, dobbiamo liberarci dalle pastoie morali e materiali costruite in decine di anni, aprire gli occhi ed osservare con curiosità e voglia di comprendere quello che si muove intorno a noi. Dobbiamo rinascere fanciulli, liberarci dai pregiudizi e dall’indolenza e prendere le nostre responsabilità come individui che fanno parte dell’Umanità. Perché non siamo chiamati alla responsabilità solo per mandare i figli a scuola, portare lo stipendio a casa e pagare il condominio. Siamo anche, e soprattutto, responsabili del contributo che apportiamo alla società che ci accoglie, colei che farà da madre ai nostri figli adolescenti, li porterà lungo le strade della vita e segnerà il loro cammino. Essere i primi attori di un evento epocale qual è il nascere di una nuova civiltà è un’occasione unica, da non perdere e che non ha replica.




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